Il ritorno del medioevo
Il 20 aprile il dipartimento di Farmacologia in via Vanvitelli 3 a Milano è stato oggetto di un blitz di animalisti di fermare Green Hill i quali si sono appropriati degli animali da laboratorio e, confondendo le etichette di identificazione, li hanno volutamente resi inservibili per la ricerca.
Tali animali, come riporta il Corriere del 23/4 (p.23) erano destinati alla ricerca genica su Parkinson e Alzheimer. Molti di questi avevano un DNA unico, esito di processi durati mesi. Il risultato di questo atto di violenza: anni di ricerca scientifica (sovvenzionata non solo dai contribuenti ma anche da numerose fondazioni e donatori privati) andati in fumo.
Intanto le fonti. La notizia sui principali quotidiani:
Il Giornale: http://www.ilgiornale.it/news/milano/animalisti-anti-green-hill-hanno-occupato-farmacologia-910084.html
Il sito degli animalisti : http://www.fermaregreenhill.net/wp/occupato-stabulario#more-2977
Sono dell’idea che il sabotaggio della ricerca costituisca un atto di inaudita gravità, per tutte le sue implicazioni:
- Costituisce un pericolo immediato per la collettività e per gli animali stessi. Per la collettività perché questi animali sono spesso portatori di malattie, e anzi infettati in maniera controllata per verificare l’outcome di un protocollo terapeutico. Per gli animali stessi poiché il loro DNA spesso esprime un sistema immunitario modificato che li può rendere particolarmente vulnerabili ai patogeni che vivono al di fuori dell’ambiente protetto costituito dal laboratorio;
- Crea un danno enorme su almeno tre livelli: a) della ricerca, vanificando anni di lavoro volti a progredire nella cura di malattie mortali per l’uomo; b) economico, dal momento che questo lavoro è finanziato dal contribuente; c) di immagine e credibilità non solo dell’istituzione specifica (l’università statale di Milano), ma proprio della ricerca italiana nel mondo, se si dimostrasse ostaggio di questi rami della società;
- Stabilisce il principio che la vita di un topo e quella di un uomo si collocano sul medesimo livello, talché non è lecito uccidere un topo per salvare un uomo. Che l’uso degli animali nella ricerca sia sostituibile con altri mezzi, infatti, è un mito totalmente privo di fondamento, come riconosciuto universalmente dalla comunità scientifica mondiale;
- È un gesto di violenza nei confronti dei ricercatori, una intromissione nella loro vita prima ancora che nel loro lavoro. Un atto di violenza privata e di violenza pubblica insieme.
Nella speranza che sia data la giusta rilevanza penale al caso, e che eventi di questo genere non si ripetano, inviterei nel frattempo questi “animalisti” a proporre le loro idee ai malati di Parkinson e Alzheimer a cui hanno precluso una possibilità di guarigione, in nome della salute di alcuni topi.
Barbari.
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