Tre su dieci (e la chiamiamo ancora democrazia?)
Alla ricerca di una provocazione tardoagostana da proporvi, ho recentemente avuto modo di sfogliare il Rapporto Nazionale sulle Competenze degli Adulti a cura dell’ISFOL, di cui si riportano alcuni estratti:
Il PIIAC (Programme for the International Assessment for Adult Competencies) è una indagine promossa dall’OCSE con l’obiettivo di giungere ad una stima della porzione di popolazione in possesso di un livello di competenze in grado di portare a termine con successo attività della vita quotidiana, nel lavoro, nelle relazioni sociali, nell’organizzazione della vita personale e familiare, ecc.
In particolare l’indagine valuta, attraverso test, la competenza di adulti in due domini di competenza relativi ai processi di elaborazione delle informazioni (definite information processing skill) essenziali per la piena partecipazione alle economie basate sulla conoscenza e alle società del 21° secolo: literacy e numeracy.
- La literacy è definita come: “l’interesse, l’attitudine e l’abilità degli individui ad utilizzare in modo appropriato gli strumenti socio-culturali, tra cui la tecnologia digitale e gli strumenti di comunicazione per accedere a, gestire, integrare e valutare informazioni, costruire nuove conoscenze e comunicare con gli altri, al fine di partecipare più efficacemente alla vita sociale”;
- La numeracy è definita come “l’abilità di accedere a, utilizzare, interpretare e comunicare informazioni e idee matematiche, per affrontare e gestire problemi di natura matematica nelle diverse situazioni della vita adulta”.
Sono stati definiti sei livelli di proficiency: il livello inferiore a 1 indica una modestissima competenza, al limite dell’analfabetismo, mentre i livelli 4 e 5 indicano la piena padronanza del dominio di competenza. Il raggiungimento del livello 3 è considerato come elemento minimo indispensabile per un positivo inserimento nelle dinamiche sociali, economiche e occupazionali.
Stante la premessa, la lettura del grafico è quantomeno sconfortante:
Dati OCSE-PIAAC 2012 relativi agli adulti italiani (16-65 anni) – Capitolo 3.1 pg.69
Il 70% della popolazione, rientrando nei livelli da 0 a 2, non dispone delle competenze minime “necessarie per vivere e lavorare nella società del XXI secolo” (dalla prefazione, pag.8). Del rimanente 30%, solo il 3 o 4% raggiunge livelli di piena padronanza o eccellenza nelle rispettive competenze.
Ora, lungi da noi voler derivare da questo un nesso di causalità diretta e univoca rispetto alla situazione sociale, politica ed economica del Paese italiana.
Però fa molto riflettere il fatto che, approssimando il campione analizzato rispetto alla popolazione degli aventi diritto al voto, solo 3 italiani su 10 siano in grado di comprendere (figurarsi poi elaborare!) concetti alla base dell’attuale discorso politico come spread, inflazione, deflazione o avere le idee chiare sui meccanismi di funzionamento delle nostre Camere o le implicazioni di una legge elettorale.
La prossima volta che andremo alle urne varrà quindi la pena chiedersi se sia veramente il caso di seguire la voce di chi suggerisce di dare “il potere in mano alla gente e non ai professoroni”, di puntare a meccanismi di “democrazia diretta”, di eleggere “persone semplici, ma oneste” o simili miti russoviani.
Porre in antitesi i valori di formazione e competenza rispetto a quelli di onestà e rappresentatività, come da tempo fanno diverse forze e movimenti politici di vario colore, non solo è una operazione profondamente scorretta sul piano logico e razionale, ma rischia anche di minare i meccanismi alla base del corretto funzionamento della democrazia, sottraendo di fatto valore ad una partecipazione consapevole in favore di una illusoria, ma gratificante (in quanto priva di responsabilità) forma di “televoto”.
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