Ma quale voto utile

Nelle ultime settimane abbiamo ripetutamente udito l’ex premier Silvio Berlusconi tuonare contro chi, spinto da un irrefrenabile anelito all’esotico, avesse ventilato a se stesso l’ipotesi di votare per uno dei “partitini” (cit.) vecchi e nuovi e comunque presenti nell’agone politico dopo la raccolta delle firme. Tra questi le vittime preferite degli strali del presidente sono sia gli ex-alleati (e neo-montiani) Fli e UdC, sia formazioni nuove come FiD (Fare per Fermare il Declino), in crescita costante grazie a un elettorato liberal scontento delle già ampiamente sperimentate politiche berlusconiane.

Ma il tema non è rimasto per molto appannaggio della destra, e anche Bersani ha avuto occasione di dire: «Per battere la destra c’è un solo voto utile ed è quello per il PD e il centrosinistra» (Corriere della Sera, 23 gennaio, p.6), sicché sembra che PDL e PD su una cosa siano perfettamente concordi: per battere l’altro esiste un solo “voto utile”, quello dato al proprio schieramento.

Così la vulgata bipolarista, quella, per inciso, che negli ultimi 12 anni ha fatto aumentare la spesa pubblica di 269 mld nell’infaticabile opera di perpetuare se stessa e le proprie clientele, come riportato da questa tabella con dati del MEF :

 

aumentospesa

(cliccare per ingrandire)

A prescindere dall’utilità nel votare una delle formazioni che ha contribuito allo sfacelo economico-finanziario dell’Italia nell’ultimo ventennio, viene innanzitutto da chiedersi che cosa sia un voto “utile”. Utile a chi o a cosa?

Fuor di retorica, va da sé che ogni voto che viene esercitato senza costrizioni è utile alla vita democratica di una nazione (non amo il termine “paese”, troppo abusato e che evoca panorami idilliaci che poco hanno a che fare con uno stato disastrato), così come è ovvio che i due paladini del bipolarismo suino – quello, cioè, basato sul porcellum – alludano assai più prosaicamente alla propria utilità nello sconfiggere il tradizionale rivale. Fin qui nulla di nuovo e, in fondo, nulla di interessante.

Il concetto di “utile” è, tuttavia, più sottile e si connette da un lato all’idea del bene (qui da intendersi evidentemente come bene comune) dall’altro a quella di felicità, sicché sarebbe riduttivo schiacciarlo nel suo paradigma funzionale di “abbattere il nemico”. Piuttosto esso deve avere a che fare con noi stessi (la nostra soddisfazione nell’essere rappresentati in maniera equa e fedele) e con lo stato che vogliamo (un progetto di governo credibile).

Sic stantibus rebus, forse non abbiamo bisogno dell’acume di Cavour per realizzare che difficilmente PD e PDL incarnino in maniera efficace alcuno di questi due aspetti e che, anzi, potrebbe essere vero il contrario: stanti le molte anime (spesso auto-contraddittorie) che popolano il PD, sfido chiunque non soffra di personalità multipla a sentirsi rappresentato da un mostro bicefalo con la testa di Rosy Bindi e Nichi Vendola, oppure a reputare credibile un signore che sostiene che lo spread sia un indicatore irrilevante e che restituirà l’IMU sulla prima casa in moneta sonante.

Allora ecco la mia ricetta per il “voto utile”:

  • Guardando in ottica retrospettiva, sembra utile votare chiunque salvo gli artefici del disastro economico dell’ultimo ventennio (PDL e PD)
  • Si suppone che un voto che ci rappresenta in maniera fedele sia da preferirsi a uno che ci rappresenta male (o non ci rappresenta affatto)
  • Un voto a un programma che riteniamo serio e credibile anche se di un “partitino” è comunque preferibile a un programma vago e autocontraddittorio o puramente demagogico (ognuno faccia le proprie associazioni su questi aggettivi) di uno dei due grandi schieramenti

A questo oso aggiungere che:

  • Un voto affidato a un piccolo partito che viaggia (nei sondaggi) sulla soglia dello sbarramento è doppiamente utile se questo ci rappresenta: è utile a noi ed è utile alla rappresentatività democratica in genere.
  • Se non si votano i nuovi partiti, inevitabilmente si condanna l’Italia a perpetuare un monologo i cui frutti abbiamo già ampiamente sperimentato.

Più in generale, non mi sembra ardito affermare che le idee valgano almeno quanto il mero calcolo elettorale, con la differenza che un banale cambio di prospettiva come quello che abbiamo suggerito può stravolgere tale calcolo, mentre delle idee stupide rimarranno comunque idee stupide da qualunque prospettiva le guarderemo.

 

 

 

 

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