Ascesa e caduta di Rinascimento Italiano

Una sera di novembre dello scorso anno tornavo a casa ascoltando, come di consueto, il programma del dr.Cruciani sulla radio del Sole 24 Ore. Era il tempo del grande fermento per l’imminente fine del governo Monti, in cui partiti, movimenti, idee, nascevano a mo’ di fungo in vista delle elezioni sempre più vicine. Interviene Arturo Artom, che ama definirsi “padre delle libere telecomunicazioni”. Il personaggio è noto ma non gode di buona fama presso la stampa, ed è oggetto di articoli (come questo) che lo dipingono come un “ballista seriale”. Artom vorrebbe presentare un partito che si fondi sul merito, e chi meglio di lui che ha fondato un Forum della Meritocrazia? Cruciani lo incalza, lui regge bene, invita gli interessati ad andare sul suo sito e inviare il proprio curriculum.

Detto, fatto. Tornato a casa, invio il mio CV e a stretto giro vengo contattato dal Coordinatore Nazionale, Fabio Dadati e nominato “ambasciatore del merito”, una sorta di signifero di questo movimento.

Pochi giorni dopo conosco Dadati e poi lo stesso Artom, al quale parlo con la franchezza di sempre riaccompagnandolo in albergo una sera dopo una riunione a Roma: «Caro Arturo, il tuo progetto mi piace, ma è ancora un contenitore vuoto, il manifesto è molto generico, non c’è un programma e soprattutto non si dice in che modo voi intendiate il merito». «Stai tranquillo», risponde «nella Convention Nazionale del 15 dicembre i singoli punti del manifesto verranno approfonditi e ne verrà fuori un programma preciso, tu preparati sui temi che vorrai discutere».

Arriva il giorno della Convention, nella bella cornice del tempio di Adriano a Roma. Dopo una sessione introduttiva, i partecipanti vengono divisi per aree tematiche. Ogni gruppo deve approfondire un tema del manifesto e nominare un delegato che parli all’assemblea. Il mio tavolo è quello dedicato al concetto di “merito”, cioè il punto sensibile e caratterizzante di tutto il movimento. Il mio intervento probabilmente lo avete già sentito:

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La platea è divisa tra chi si identifica totalmente nella mia relazione (la maggior parte dell’assemblea) e chi la vede come un manifesto di “elitarismo snob” (sic!). Ma io non sono disposto a svincolare il tema del merito da quello della competenza, come riassumo nella successiva relazione, inviata per la pubblicazione negli atti del congresso, dal titolo “Riformare a partire dal merito”:

Spentesi le luci della Convention, tutti i relatori attendono che i 10 documenti confluiscano in un programma che costituisca finalmente una chiara identità del movimento, fondamentale atto di chiarezza innanzitutto verso gli “ambasciatori”. I giorni passano, nelle riunioni i nodi cominciano a venire al pettine: talmente è fluida (leggasi inconsistente) l’identità di Rinascimento, che dentro vi si trovano montiani e anti-montiani, nostalgici del ventennio ed ex militanti di sinistra, in un singolare crogiolo umano talmente disomogeneo da far pensare ad un’assemblea di condominio più che a un partito.

A pochi giorni dalla riunione a Milano che avrebbe aperto la raccolta delle firme, nessuna novità. Ci si chiede di candidarci senza avere un programma, di mettere la faccia su un progetto la cui identità è ancora da definirsi. Non ci sto, chiamo alcuni degli altri relatori, altrettanto disorientati, neanche loro sanno nulla, è tutto demandato alla diarchìa Artom – Dadati.

Il Dadati, autore dello sgrammaticato Manifesto e vero motore operativo di Rinascimento, critica apertamente le posizioni della mia relazione. A pochi giorni dalla composizione delle liste, un’idea di merito basata sulle competenze alienerebbe troppi consensi chi competenze non ne ha, ad esempio lui stesso, neppure laureato e affetto da quel provincialismo che non fa vedere molto al di là del proprio naso. Così il giorno prima della riunione, il Dadati mi comunica ex auctoritate che le mie posizioni sono incompatibili con quelle del Movimento (id est con le sue) e che pertanto sono espulso, non prima di aver proferito al mio indirizzo una paratassi di insulti che non è il caso di ripetere in questa sede.

Un po’ shockato per la del tutto inaspettata inurbanità di questo personaggio, comunico agli altri relatori delle mie forzate dimissioni. Qualcuno decide di intercedere e qualche ora dopo arriva una telefonata di Artom il quale mi chiede di rimanere “dietro le quinte”: ha bisogno di qualcuno che conosca bene il pensiero di Monti e che sia in grado di scrivere un documento. Dopo tre quarti d’ora al telefono, nasce un gentlemen’s agreement: io avrei evitato di scrivere di e su Rinascimento e lui in cambio mi avrebbe coinvolto nella produzione dei documenti identitari del partito, innanzitutto il famoso programma. Mi sta bene, chissà che Artom non si sia reso conto dell’esigenza di creare una intellighenzia che faccia chiarezza sull’identità del movimento, mi dico.

I giorni successivi, tuttavia, sono un susseguirsi di scivoloni: un accordo locale con il PDL, stretto in gran segreto senza alcun consenso da parte della base porta a vivaci reazioni della componente più progressista del movimento (ma era così difficile immaginarlo?). Resisi conto del disastro e tornati goffamente indietro, il problema delle firme: non ci sono autenticatori (ancora, era così difficile immaginarlo?). Nonostante queste manifestazioni evidenti di dilettantismo, tengo fede al mio patto. Artom mi richiama, vuole un articolo che faccia le pulci ai programmi di PD e PDL, da utilizzare in una riunione da tenersi “poco prima del silenzio elettorale”. La riunione non si fa, (io pubblico l’articolo su questo blog), poi le elezioni e il resto è l’oggi.

Un paio di giorni fa, l’ultima notizia, passata in sordina. Artom è intervistato da La7 come rappresentante di un gruppo di imprenditori grillini, parla di lunghe riunioni con Grillo e Casaleggio, non menziona affatto Rinascimento. Come se nulla fosse si è trasformato in un attivista M5S. Ma la notizia vola prima su Twitter (Dario di Vico: nuovi Zelig/ Arturo Artom è diventato grillino), e poi sulla stampa internettiana (ad esempio QUI).

La seconda possibilità si concede sempre, la terza no. È ora che si conoscano le proporzioni di questa buffonata. È ora che i princìpi che sulla carta avrebbero dovuto ispirare Rinascimento Italiano siano assunti e declinati con serietà e trasparenza in un nuovo progetto.

E no, non voglio fondare un partito.

 

 

 

 

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One comment on “Ascesa e caduta di Rinascimento Italiano
  1. Anonimo ha detto:

    Esperienza insegna che dalle assemblee di condominio è sempre bene girare alla larga.. Mi dispiace sinceramente per questa tua delusione personale.

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