FARE 2013 – Luci e ombre di un congresso

Si è celebrato ieri a Bologna l’atteso Congresso Nazionale di FARE per Fermare il Declino, per l’elezione di tutti gli organi direttivi e l’inizio di una nuova fase nella vita del partito. Come sempre, ci sono state cose buone e cose meno buone. Noi c’eravamo e ne forniamo una rapida rassegna.

Luci

FARE esiste ancora, e dopo tutto quello che è accaduto dopo l’affaire Giannino tra tensioni, litigi e scissioni dell’atomo non è affatto banale. Vuoi per l’attività pre-congressuale o per un rinnovato interesse verso la proposta di FiD (io propendo decisamente per la prima opzione), il numero dei tesserati è passato dai circa 8.000 alla vigilia delle elezioni di febbraio ai 10.000 di oggi e la partecipazione al congresso è stata numericamente decorosa, sebbene molto al di sotto di quella dell’Anti-meeting, fatto in parte giustificabile con l’assenza di una prossima scadenza elettorale.

Oscar Giannino ha aperto la mattinata con un intervento assai pacato nel quale ha augurato un buon lavoro al presidente in pectore Michele Boldrin e ha assicurato il suo sostegno, nella consapevolezza di farlo “da semplice aderente”, con tutte le implicazioni del caso. Un abbraccio finale con Boldrin ha sancito l’avvenuta pacificazione tra i due, o almeno così ci piace sperare. Ecco l’intervento di Giannino:

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L’aspetto che personalmente ho trovato più positivo e significativo nel prosieguo dei lavori è stato lo spirito di autentica collaborazione tra Roberto Italia e Michele Boldrin, quest’ultimo eletto Presidente (da ora Coordinatore) con una larga maggioranza. Molti degli elementi che avevano contrapposto gli schieramenti hanno trovato una sintesi agevole, come era ragionevole attendersi e come sostenevo da tempo: il codice etico (da ora di garanzia) è passato nelle sue grandi linee con l’apporto di entrambe le correnti: Italia ha mitigato gli aspetti più “invasivi” della bozza Boldrin, mentre quest’ultimo ha accettato contributi sostanziali dalla bozza di Fare per Unire. Dovrebbe essere accantonata l’idea (di R.Italia) di un comitato di saggi costituito dai fondatori, e si è discusso dell’utilizzo delle piattaforme di liquid feedback fugando ogni dubbio  – ammesso che ve ne fossero di reali – sull’utilizzo di questi strumenti come mezzi di consultazione e non di democrazia diretta tout-court. L’approccio fortemente pragmatico di Boldrin ha dettato una tabella di marcia serrata con l’approvazione a stretto giro del nuovo Statuto, l’allargamento della Direzione Nazionale da 8 a 24 membri, e la creazione di un organo intermedio formato pro tempore dall’insieme dei delegati al congresso e dei presidenti regionali. Completata questa fase organizzativa, ne inizierà una più strettamente politica in vista anche dei prossimi impegni, soprattutto le elezioni europee di aprile 2014. Un’ultima nota positiva riguarda il codice di garanzia: Roberto Italia ha sottolineato che i princìpi che emergeranno dalla redazione di questo codice rappresenteranno in qualche modo l’orizzonte di valori di FiD, tema sul quale avevo personalmente insistito molto nelle ultime settimane. Vedremo se e come questa riflessione prenderà corpo, ma intanto prendiamo atto che il primo passo è stato fatto.

Ombre

Mancherei di obiettività se non mi soffermassi a parlare degli aspetti meno riusciti del Congresso, e  ve ne sono stati. Già pochi giorni prima delle elezioni dei delegati mi era stata segnalata una manipolazione del sito Manifesto per Fare (su cui Michele Boldrin aveva comunicato i candidati che lo avrebbero sostenuto nella corsa alla presidenza), in cui la lista dei candidati delegati per il Lazio di Manifesto per Fare era stata “epurata” e riempita di nomi riconducibili tutti al gruppo di Ezio Bussoletti, senza che venisse fatta comunicazione alcuna agli interessati. La faccenda è stata denunciata al congresso regionale e fatta presente allo stesso Boldrin, per il momento senza conseguenze, sebbene non sfugga a nessuno un comportamento del genere vada in aperta violazione dei princìpi del recentissimo codice di garanzia.

Un’altra grave ombra, ma riconducibile in fondo alla stessa fattispecie, ha riguardato la modalità di allargamento della Direzione Nazionale, individuata ex auctoritate dal Coordinatore in una ripetizione delle votazioni da parte dei delegati tra due settimane. Giovanni Bellofiore, presidente del Lazio, ha chiesto perché mai i delegati avrebbero dovuto ripetere le votazioni quando sarebbe stato molto più semplice e logico prendere i primi 16 non-eletti dalla votazione appena conclusa, esattamente come accade per ogni concorso pubblico. La sbrigativa risposta è stata «perché i delegati non avevano questo mandato», che evidentemente non può convincere: il mandato dei delegati, infatti, era di eleggere una Direzione Nazionale, indipendentemente dal numero dei suoi componenti, visto che le funzioni di tale organo non sono cambiate con l’allargamento. Inoltre, se il vincolo di mandato fosse così stretto, non si capisce allora perché non ripetere anche la votazione dai delegati stessi, visto che ora essi si ritrovano ad esser parte di un organo direttivo (formato da loro e i presidenti regionali) che prima non esisteva. Attualmente, infatti, i tesserati hanno espresso dei delegati con il mandato di eleggere presidente e Direzione Nazionale, non di costituire essi stessi un organo di cui non conoscevano l’esistenza. Alla faccia del vincolo di mandato!

Sembra, invece, piuttosto manifesto che la ri-elezione sia semplicemente un escamotage per ripetere l’accordo tra le parti (Boldrin / Italia) secondo cui i due hanno collocato nomi a loro graditi secondo una precisa ratio di 5:3, dando precisa comunicazione sull’ordine di voto ai rispettivi delegati i quali, più o meno pedissequamente, si sono limitati a obbedire agli ordini di scuderia. Ci sarebbe invece piaciuto vedere maggiore libertà per i delegati di scegliere i membri della Direzione Nazionale sulla base delle idee e non delle logiche di cordata: se FARE si propone  come un’alternativa a un certo modo di intendere la politica, dovrebbe almeno sforzarsi di tradurre tale afflato nella pratica.

Considerazioni finali

Pur tra luci e ombre, ritengo che nel bilancio dell’evento gli aspetti positivi prevalgano su quelli negativi, ma con un caveat: passare sopra comportamenti scorretti crea pericolosi precedenti che FARE non si può permettere, specialmente in un momento in cui deve dimostrare di saper camminare su gambe robuste. Detto ciò, la ritrovata unità (che speriamo semplifichi anche la selva informatica di siti e social-network in cui è sparpagliata l’attività del partito) è senz’altro il migliore stimolo per ripartire con un progetto politico e rinnovato entusiasmo. Anche da parte nostra, dunque, un sincero augurio di buon lavoro a Michele Boldrin e agli organi direttivi.

 

FARE Congresso 2013

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3 comments on “FARE 2013 – Luci e ombre di un congresso
  1. Enrico Silvestri ha detto:

    Caro Polidori, avevo già apprezzato la tua posizione e coerente candidatura alla DN di Fare. Nessun commento sulle “luci” del congresso, che condivido. Voglio commentare sull’ “ombra” del secondo turno di elezione da parte dei delegati. L’ allargamento del Direttivo con un metodo diverso è, secondo me, abbastanza inevitabile, come correzione allo strano sistema di elezione. Mi spiego: Roberto Italia, candidato Presidente, che ha almeno altrettanto consenso quanto i membri eletti sulla sua mozione e sul suo nome in Direzione, è fuori dalla Direzione stessa. Per fare un controesempio, alle elezioni del sindaco, il candidato arrivato secondo al ballottaggio è automaticamente in Consiglio Comunale. Nel nostro caso, ora Italia (insieme ad altri) avrà l’ opportunità di essere eletto in Direzione. Visto che è una cosa concordata all’ unanimità (se ho capito bene), è chiaro che il percorso è condiviso in tutta trasparenza. Però devo ammettere che il cammino per arrivarci è un po’ tortuoso … . P.S. : se fossi stato eletto delegato, ti avrei votato, anche se non avevo indicato nessun nome di Presidente. Spero tu abbia ora una seconda chance.

  2. ValPolidori ha detto:

    Stando alle regole, Enrico, era possibile per Roberto Italia (consapevole tanto della possibilità di perdere quanto del fatto che la DN sarebbe comunque stata allargata) candidarsi anche alla DN, come infatti altri candidati alla presidenza hanno fatto (Spinelli, se non vado errando), ma non è questo il punto, evidentemente.

    Purtroppo questo sistema di regole favorisce le cordate e non le idee. È un sistema profondamente incoerente con lo spirito che questo partito dichiara (sulla carta, per ora) di avere. Il banco di prova sarà il futuro, indipendentemente da un mio personale coinvolgimento in ruoli direttivi. Ti ringrazio dell’apprezzamento e ti auguro un buon lavoro per FiD.

    • Enrico Silvestri ha detto:

      D’ accordo con te, citandoti: “questo sistema di regole favorisce le cordate e non le idee”. Mi auguro che gli aggiustamenti al congresso, molto eccepibili sul piano formale, siano una presa di coscienza che è opportuno favorire le idee, non le cordate, proprio in virtù dei principii dichiarati di Fare. Altrimenti, predichiamo bene e razzoliamo (razzolano) male …

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