Il tempo è ora.

L’ennesimo gesto di irresponsabilità di Silvio Berlusconi consegna di nuovo l’Italia alla speculazione finanziaria e avvicina il punto di non ritorno oltrepassato il quale non sarà possibile fare fronte al debito, prossimo a divenire fuori controllo.

Qualunque scenario di breve termine si andrà concretizzando nella seconda metà della settimana (rimpasto, nuova maggioranza con transfughi, governo tecnico) , è evidente che difficilmente si riuscirà ad evitare il ricorso alle urne nei prossimi mesi, molto prima della scadenza fissata da Napolitano nell’accettare il suo secondo mandato.
Ci piaccia o no, la situazione richiede agli attori politici che intendono porsi come alternative al duopolio PD-PDL scelte incisive, coraggiose e, soprattutto, rapide. Il tempo per vetrine, convegni e teorie sui massimi sistemi volge rapidamente al termine, per cedere il passo all’azione: chi siamo, cosa vogliamo e – soprattutto – come intendiamo comunicarlo all’elettorato.

Fermare il Declino ha risposto solo in parte a queste domande e ad oggi non sembra in grado di costituirsi quale polo d’attrazione riformista e liberale come nei propositi di Michele Boldrin. Se, infatti, si può ragionevolmente sperare in una convergenza con il Partito Liberale e con qualche lista civica a livello locale, mancano ancora numeri, idee dirompenti e comunicatori efficaci. In altre parole, le possibilità di incidere sono prossime allo zero.

Esistono tante teorie quanti sono gli aderenti a FiD su quali possano essere le cause di questa situazione, ma è evidente che ciò che ora importa è piuttosto cercare di cambiare marcia nel più breve tempo possibile, pena una condanna senza appello all’inesistenza futura.

E allora ecco i nostri due cents:

Numeri (leggasi “questione politica”)
Parlando fuori dai denti, il peso del Partito Liberale è sostanzialmente irrilevante, con una leggera punta di dannoso se si pensa che il loro ultimo candidato di punta era la signora Staller (oggi rispettabilissima sessantenne). Visto che Scelta Civica non sembra per il momento intenzionata ad apparentamenti, l’unica alternativa sensata – tolto l’impossibile resta l’improbabile, direbbe Sir Conan Doyle – sembra una qualche forma di partnership col il M5S. Scie chimiche e microchip sottocutanei a parte, infatti, sono molti gli interessi comuni: prima di tutto provocare una drastica soluzione di continuità rispetto agli ultimi vent’anni; rovesciare la vera “casta”: quella rappresentata, ad esempio, dall’alta burocrazia e dalle fondazioni bancarie politicizzate; procedere ad una vasta opera di informatizzazione e semplificazione dei processi della PA; alleggerire l’architettura politica (e di qui i costi) dello stato. Ce ne sarebbe, insomma, per una legislatura e oltre. Ma come gestire alcuni temi del M5S al limite del dadaista come la “decrescita felice” e il reddito di cittadinanza? Qui potrebbe giocarsi il ruolo di mediatore del comune amico ConfAPRI, che ha un canale aperto con Casaleggio da diversi mesi. Se, insomma, è irrealistico che FARE possa divenire il contenitore di temi economici del M5S, non è impossibile pensare a un’alleanza finalizzata a realizzare obiettivi comuni.

Idee dirompenti
Da quando il Cavaliere ha guadagnato 10 punti spolverando la sedia del sig.Travaglio e vendendo programmi elettorali che ben potrebbero definirsi “fantasy”, dovrebbe essere chiaro a tutti che le buone idee non servono a vincere le elezioni. Di buone idee bisogna averne, ma poi bisogna capire se esistono due o tre temi che siano comprensibili, desiderabili e comunicabili. Per farla breve, in campagna elettorale funzionano perlopiù idee-shock, altamente connotanti e con forte potere evocativo. Il resto si tiene nel cassetto per quei venticinque (e)lettori interessati alle cose serie. Quali potrebbero essere si è detto: innanzitutto una mega (meglio esagerare) riforma della PA che svuoti di potere l’alta burocrazia (ad es. avocando al governo i regolamenti attuativi) e che ridimensioni drasticamente il potere di sindacati e TAR di bloccare ogni proposito di cambiamento. La “cura dimagrante” dello Stato, sia attraverso la parametrazione di tutti i trattamenti economici agli standard UE sia attraverso riforme delle stesse architetture (agendo sul Titolo V, ad esempio), potrebbe essere un’altra bomba efficace. Su questo, comunque, si può lavorare.

Comunicatori efficaci
Michele Boldrin è una persona limpida, fin troppo. Chi lo conosce sa bene che è lo stesso in pubblico e in privato, senza sovrastrutture, senza ipocrisie. Questo dal punto di vista umano è una ricchezza, da un punto di vista mediatico può divenire un boomerang nel momento in cui non si abbia quella capacità naturale di piacere al pubblico. Essere simpatici in politica vale di più di ciò che si pensa. A una trasmissione trash come “la Gabbia”, Oscar Giannino ha ottenuto applausi dicendo le stesse cose per la quali Boldrin è stato fischiato, per quanto assurdo possa sembrare. Questo, peraltro, non implica che allora sia necessario richiamare Giannino, ma semmai che urge poter disporre di qualcun altro. Qualcuno che se la senta, che goda di popolarità tra i militanti, facendo tentativi sin quando non si trovi uno che riesca a “bucare lo schermo”. E se non lo si dovesse trovare, è stato bello ma non può funzionare.

Ognuno di questi punti può, e in qualche misura deve, essere approfondito, ma una cosa è certa: nessuno può concedersi il lusso di aspettare che si materializzi dal nulla un partito di maggioranza corteggiando gli zerovirgola del quartiere liberale. Il tempo per tali amenità è finito.

 

Valerio Polidori

 

 

 

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