Restitution day
È difficile stabilire quali parametri possano definire la performance di un governo, di un deputato o di un gruppo parlamentare. Certamente, tuttavia, in un periodo come quello presente, in cui i temi di bilancio sembrano rivestire un ruolo decisivo per la stessa sopravvivenza della nazione, un buon indicatore della performance può somigliare molto a quelli in uso presso le aziende: quanto guadagni (o quanto risparmi) e quanto lavoro ti serve per arrivare a questo risultato.
Sulla base di questi parametri di efficacia ed efficienza si potrebbe dire, ad esempio, che il precedente governo, agendo sia sul fronte interno (riforma delle pensioni, spending review, etc.) che su quello esterno con la buona sponda di Mario Draghi, in 12 mesi ha abbassato di circa 200 punti base il differenziale tra BTP decennali e analoghi bund tedeschi, con un risparmio su base annua di circa 40 miliardi di euro (gli economisti mi perdoneranno i calcoli spannometrici) in costi di rifinanziamento del debito.
In questi giorni i media stanno dando grande risalto al principale, e forse unico, risultato del gruppo parlamentare del M5S, esito di un processo dialettico a tratti piuttosti acceso culminato con la restituzione al fondo per l’abbattimento del debito pubblico di circa un milione e mezzo di euro sottratti da diarie e compensi degli stessi parlamentari. In ottica di misurazione della performance, considerato che negli ultimi 12 mesi il debito pubblico è aumentato in maniera automatica di circa 60 miliardi di euro, il lavoro congiunto di quattro mesi dell’intero gruppo parlamentare del M5S ha fatto guadagnare allo stato italiano circa 33 secondi di vita.
Tale risultato, che in qualsiasi azienda occidentale si sarebbe tradotto nel licenziamento in blocco di tutti i dipendenti (in una cinese forse con la fucilazione), è stato viceversa celebrato dagli attivisti del MoVimento come un grande successo.
A costoro infatti sembra sfuggire che il lavoro del parlamentare in questo preciso momento storico non sia tanto quello di conteggiare gli scontrini dei tramezzini del pranzo quanto piuttosto di cercare soluzioni per riforme strutturali che determinino significativi tagli di spesa pubblica e/o aumenti di gettito senza ulteriore aggravio fiscale. In quest’ottica, festeggiare un’azione il cui impatto sulla spesa pubblica è pari a quello di uno starnuto di porcospino nell’umidità delle cascate del Niagara lascia alquanto perplessi. Al cittadino italiano, infatti, sarebbe convenuto regalare un milione di euro a ognuno di questi geni della contabilità pubblica se solo in quattro mesi fossero riusciti a ottenere un decimo di ciò che ottenne il governo Monti in un anno: sarebbero stati comunque 3,9 mld risparmiati, praticamente una IMU sulla prima casa. Ma no, i nostri eroi giganteggiano sulle pagine dei giornali (ma la stampa non era il grande nemico da abbattere?) con il loro “restitution day”, in cui cercano di eguagliare le gesta del ben più abile venditore di pentole che da vent’anni contribuisce al declino italiano.
Non credo che al signor Casaleggio sfuggano questi dettagli, sicché è logico immaginare che tale operazione vada intesa come un gigantesco specchietto per le allodole: se gli elettori hanno creduto alle promesse berlusconiane a maggior ragione crederanno anche a un gruppo di parlamentari che, tagliandosi lo stipendio, fa risparmiare allo stato “ben” un milione e mezzo. Se le cose stanno così c’è da sperare che il govero Letta duri per i secoli dei secoli: meglio il male che conosciamo. Se, infatti, i guru cinquestelluti non esitano a spendere quattro mesi di lavoro del proprio gruppo parlamentare per una operazione di market(t)ing o, se preferiamo, di circonvenzione di incapace, non voglio neppure immaginare cosa farebbero disponendo di una maggioranza di governo.
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