Non così, Cottarelli!

 

A Roma i musei non mancano. Eppure, se qualcuno fosse interessato a quel tormentato periodo di trapasso tra la tarda antichità e il medioevo, non avrebbe che due sole possibilità: il recente museo della Crypta Balbi, che ripercorre nei secoli le vicende dell’area sacra di Largo Argentina e dintorni con un interesse inedito per il periodo immediatamente successivo al crollo dell’Impero d’Occidente, e il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo, fondato nel 1967 in quell’ultimo e grandioso esempio di architettura del ventennio che è l’EUR e che per miseri €2 ci conduce in uno dei periodi più affascinanti e al contempo meno studiati di una storia non più antica e non ancora medioevale.

È di circa un mese fa la notizia che quest’ultimo sarebbe entrato nelle mire del commissario per la spending review, che lo vorrebbe chiudere per risparmiare qualcosa sugli 11 milioni che ogni anno lo stato spende per gli affitti delle strutture della zona (voce che comprende in realtà soprattutto il Museo Pigorini, il Museo delle Arti e Tradizioni Poplari, e l’Archivio di Stato).

A nostro avviso, tuttavia, questa ipotesi rivela una totale mancanza di profondità di analisi tipica di una cultura dell’epifenomeno tutta italiana. Chiediamoci infatti perché questa struttura, che ospita reperti che sono su tutti i libri di storia dell’arte come i sectilia delle domus ostiensi (in foto qui sotto) sia in perdita. Un ruolo potrebbe forse averlo il fatto che in 50 anni poco o nulla è stato fatto per promuovere il museo o renderlo fruibile anche a un pubblico di non specialisti (come invece è stato fatto per la Crypta Balbi)? O magari perché avere un custode per ogni sala impone costi operativi del tutto irragionevoli? Fermiamoci un attimo su questo secondo punto. Forse, infatti, non tutti sanno che ogni benedetto museo italiano, è vincolato da norme sulla presenza di addetti alla vigilanza che non hanno alcun corrispettivo nelle altre nazioni occidentali, e il motivo è presto detto: gentile concessione di decenni di amministrazioni tassa-e-spendi ad un sindacato prontissimo a difendere posti di lavoro anche quando sono del tutto inutili, visto che oggi (e non proprio da oggi) non mancano mezzi efficacissimi di videosorveglianza.

Basterebbe, in altre parole, razionalizzare l’utilizzo del personale di fascia A e B dando una sonora pedata nelle natiche a un sindacato utile solo alla sua autoperpetuazione e si potrebbe non solo salvare il Museo dell’Alto Medioevo, ma reperire risorse da utilizzare per l’ammodernamento dei percorsi museali e la loro promozione. Invece, ancora una volta, alla misura strutturale che cura la radice, si preferisce potare un albero sempre più malconcio.

Di esempi del genere, del resto, se ne potrebbero fare a dozzine. C’è da chiedersi, allora, se la rivoluzione culturale promessa da Renzi anche nei confronti del sindacato determinerà un cambio di rotta nella filosofia dei tagli o se rimarrà un flatus vocis. Lo vedremo presto.

Polidori

 

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