La democrazia liquida secondo Forma

Al tempo del grande exploit quinquestelluto, si fece anche in Italia un gran parlare delle varie forme di democrazia diretta che, nella vulgata grillina, avrebbero dovuto costituire il fondamento della “terza Repubblica” (ne parlammo anche noi in questo articolo).

Ma cosa vuol dire esattamente “democrazia liquida”? Le sfumature sono ancora molte, e vanno dalla delegative democracy (un articolo che in tempi non sospetti ne illustrava i caratteri si può trovare a questo link) al liquid feedback. In tutti i casi si tratta di forme di democrazia diretta in cui la “liquidità” è una metafora per esprimere che il potere decisionale si allarga come una bicchiere d’acqua versato su un tavolo arrivando a tutti.

In questi mesi Forma ha sviluppato una visione differente della liquidità, già assunta nel sottotitolo della nostra prima monografia, dedicata a immaginare una “democrazia liquida a ontologia esplicita integrata” . In questo caso la liquidità consiste appunto nel rendere esplicito, e quindi disponibile a tutti, l’ “impegno ontologico” dello Stato, cioè rispondere in maniera chiara e – soprattutto – inequivoca, a due domande che riguardano tutti gli oggetti (reali o convenzionali) che fanno parte dello Stato:

– Che cosa c’è ?
– Che cos’è ciò che c’è?

Qualcuno starà aggrottando un sopracciglio, ma la cosa non è affatto banale. Prendiamo ad esempio il vecchio pagamento relativo alla raccolta dei rifiuti. Per anni è stato considerato un servizio, dunque assoggettato all’IVA, ma poi ci si è posti la questione se in effetti non si trattasse di un tributo, talché non sarebbe stato possibile applicare un tributo (l’IVA appunto) a un altro tributo, cosa che effettivamente è accaduta e poi risolta. Facciamo un altro esempio, più attuale e che riguarda anche princìpi e concetti. Se la Costituzione afferma che l’esercito deve svolgere solo una funzione di difesa, perché inviamo militari in Afghanistan o acquistiamo F-35? Il concetto di “Difesa attiva”, reso esplicito, rende chiaro l’impegno dello Stato a occuparsi non solo di difendersi da improbabili invasione di mamelucchi, ma a prevenire azioni ostili e a tutelare gli interessi strategici della nazione (qui sotto una nostra toy-ontology in linguaggio Yed che descrive questo fenomeno) :

f35P

In altri termini la liquidità che scaturisce dall’esplicitazione dell’impegno ontologico va oltre la semplice idea di trasparenza (e, in parte, anche quella di accountability), perché rende esplicito il modo in cui lo Stato vede se stesso e il mondo. In questo modo ogni cittadino ha la possibilità di verificare se lo Stato si sta comportando in maniera coerente ai suoi princìpi e alla delega democratica ricevuta dai suoi rappresentanti: se l’impegno ontologico è esplicito, lo Stato è costretto a giocare a carte scoperte.

Una delle principali novità che tale impostazione di fondo può apportare alla sfera politica riguarda il processo decisionale. Nell’eterna tensione tra competenza e rappresentanza, una visione del mondo rappresentata da un’ontologia esplicita può delimitare la cornice entro la quale situare far muovere la politica. In questo modo il principio di competenza (incarnato da ciò che noi chiamiamo “Ontology Box”) determina un limite invalicabile entro cui il principio di rappresentanza (cioè la politica) è chiamato a fare le sue scelte. Nella nostra visione dello Stato futuro, questo rappresenta una delle possibili modalità per ottenere una democrazia informata dal principio di competenza, senza che la democrazia sfoci in tecnocrazia e viceversa.
E non è poco.

 

Valerio Polidori

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